l concetto di Autismo è relativamente recente, essendo stato introdotto all’inizio del XX secolo. Inizialmente Kraepelin aveva inserito questi quadri patologici infantili nella “Dementia Praecox”, associandoli al concetto nascente di “Schizofrenia”. Successivamente Sante de Sanctis, nel 1906 [1], incluse questi casi nella “Dementia Praecocissima” proprio per sottolineare l’insorgenza dei sintomi in età ancor minore. Fu Bleuler, nel 1911, ad introdurre il concetto di autismo, ma come dimensione presente nei pazienti schizofrenici (“Chiamiamo autismo il distacco dalla realtà e la predominanza della vita interiore” [2], in quanto l’autistico entra in un circolo vizioso che si autoalimenta e che non necessita di contatto con il mondo esterno, di- staccandosene). Bisognerà, poi, attendere il 1943 perché Kanner [3] presenti la categoria dell’ “Autismo infantile” (“Sindrome di Kanner”) per sottolineare la diversa evoluzione della patologia autistica infantile rispetto alla schizofrenia. Le caratteristiche peculiari dell’autismo si riconoscevano in:
1. tendenza all’isolamento con evitamento delle relazioni interpersonali;
2. alterato sviluppo del linguaggio;
3. presenza di comportamenti stereotipati;
4. preoccupazione ossessiva per il mantenimento
dell’immutabilità dell’ambiente circostante,
il tutto accompagnato da ottime prestazioni a livello cognitivo (in netto contrasto con il ritardo di sviluppo delle altre aree).
Asperger, un anno dopo il 1944 [4], descrisse alcuni soggetti con condizioni simili ai bambini autistici descritti da Kanner, ma diversi per:
• eloquio fluente;
• difficoltà sia nella motricità fine che in quella complessa;
• pensiero astratto molto sviluppato.
Solo nel 1980 fu riconosciuta l’autonomia nosografica dell’autismo grazie alla pubblicazione del DSM-III 1980 [5]. L’anno successivo fu definita la Sindrome di Asperger da L. Wing 1981 [6] e da allora iniziò tutta una serie di studi per definirne i criteri diagnostici, culminata con l’introduzione nel DSM-IV grazie soprattutto ad uno studio scientifico di Volkmar 1994 [7].
La prevalenza di questo disturbo è stimata a 1-10 casi su 10.000 [6]. Benché questa patologia sia stata osservata inizialmente solo nei maschi, sono attualmente riportati in letteratura casi di femmine affette da SA.
Dal punto di vista clinico i pazienti affetti da SA presentano problematiche comuni a quelle dell’autismo (vedi sopra), ma questi aspetti si manifestano in modalità del tutto particolari:
Compromissione qualitativa dell’interazione sociale: i pazienti affetti da SA sono isolati, ma sembrano rendersi conto (a differenza degli altri autistici) della presenza degli altri: cercano di relazionarsi a loro, seppur con modalità inadeguate e inappropriate. Possono sembrare indifferenti o eccessivamente formali, ma il problema principale è l’impossibilità di comprensione del- le emozioni, delle convenzioni sociali e delle aspettative altrui: in pratica non riescono a capire i sentimenti e non sono in grado di fare previsioni sui comportamenti degli altri. Questo si manifesta anche con la difficoltà di comprendere il linguaggio comune, ricco di doppi sensi, allusioni ed ironia.
Compromissione qualitativa della comunicazione verbale e non verbale: lo sviluppo del linguaggio è normale durante l’infanzia e non presenta particolari problemi (per questo è più difficile diagnosticarlo precocemente). Le problematiche sono relative soprattutto allo sviluppo di un’adeguata comunicazione non verbale e alla comprensione dei messaggi non verbali inviati dagli altri. Le anomalie verbali si manifestano come bizzarrie, assenza di metrica e tendenza alla verbosità e alla logorrea rispetto agli argomenti che interessano (in modo monotematico ed esclusivo) il paziente.
Modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati: proprio nel ristretto ambito di interessi si va a manifestare lo schema di attività ripetitive e stereotipate. Sono, questi, argomenti che non interessano normalmente le persone (i nomi delle stazioni dei treni di tutta Italia, nomi degli insetti, etc…) e che assorbono in maniera esclusiva le loro attenzioni. Su di essi viene acquisita una gran mole di informazioni, che viene poi ripetuta con notevole (ed eccessivo) entusiasmo quando si colloquia con altri. Questo aspetto normalmente non viene notato durante lo sviluppo perché è molto comune, tra i bambini, appassionarsi in questo modo ad un solo argomento.
Le difficoltà motorie sono solitamente manifestate in una goffaggine motoria, meglio espressa da “mancata coordinazione oculo-motoria, andatura rigida, posture bizzarre e deboli capacità manipolatorie”.
Il livello cognitivo è nella norma (condizione che associa questi soggetti all’“Autismo ad Alto Funzionamento” – “High Functioning Autism”, cioè all’autismo senza ritardo mentale), differentemente dagli altri tipi di autismo che sono spesso associati a ritardi mentali [8].